FILIPPINE 

 

 


Tagaytay 27 gennaio 2008

 

Giubileo d’oro

1958 – 2008

50 anni di vita religiosa

di

Suor M.Margherita Tiburzi

 

HOMILY

In prossimità della festa di Giubileo d’oro in gennaio 27,  già a fine dicembre, si mandano gli inviti agli amici: “Sì veniamo!” – “Come si può non partecipare a questo grande avvenimento?” - “Davvero?” è chi festeggia questo giubileo, nella tua comunità chi è così anziano?” “Suor Margherita!” “non è possibile!…” E l’interrogativo diventa sempre più grande e quasi inconcepibile! Solo quando si dice loro che festeggiamo il giubileo dall’entrata in convento allora sembrano farsene una ragione. Grande il lavoro in comunità per i preparativi,  ma altrettanta la dedizione e la gioia nel realizzarli per una festa così importante! Le novizie, le aspiranti sotto la guida di suor Violetta si mettono alacremente all’opera e tutto nell’attenzione a non far trapelare quanto deve essere  sorpresa!

L’occasione è buona per raccontare la propria vita religiosa, ma soprattutto per parlare dei valori essenziali che l’hanno animata: le gioie, le sconfitte e le conquiste. La scoperta graduale di Cristo, la sequela, secondo il carisma di Sant’Orsola… le debolezze e deficienze umane colmate dalla grazia e misericordia di Dio…, questo offre occasione per condividere la più profonda esperienza di vita con la giovani leve Orsoline.

Tutto ciò contribuisce anche a farmi riflettere seriamente sull’importanza di questa ricorrenza

“La vita di Suor Margherita è stata caratterizzata da continuo movimento, ma soprattutto un movimento interiore, animato dalla luce di Cristo…” - dice il vescovo Tagle nell’omelia della Celebrazione. Ho pensato, che proprio a causa di questo movimento, sia esteriore che interiore (segno di vitalità, dinamismo, prontezza alla volontà di Dio)… mi trovo oggi a vivere questo avvenimento in terra Filippina.

Sono stata circondata da più di 300 amici, religiosi/e, laici, famiglie, bambini, nel nostro  piccolo giardino predisposto per l’occasione (grandi tendoni bianchi - il tempo prometteva pioggia e pioggia vi è stata - addobbati con striscioni bianchi e gialli). Il cielo grigio e carico di pioggia, faceva temere il peggio - grazie alle preghiere insistenti di tutti -  durante la celebrazione della Messa è stato clemente. Questo non ha impedito agli amici di partecipare, di gioire e scambiare gli auguri. Non ha impedito neanche alle famiglie dei bambini adottati di esprimere la loro gioia e gratitudine durante e dopo la celebrazione liturgica, con gesti, offerte e danze folcloristiche (le mamme hanno danzato il Caracoll). I bambini delle adozioni  si sono esibiti imitando la banda di Mompeo, mentre realmente la musica suonava, loro armati di trombette, tamburelli e una striscia tricolore di traverso nel petto, hanno marciato a suon di musica. Ciò ha suscitato tanta vivacità ed ilarità in mezzo a noi.

 

L’offertorio ha avuto un posto importante durante la Celebrazione. Tramite esso ho voluto rinnovare l’offerta della mia vita. Un dialogo tra due lettori che ne  spiegavano il significato e  segni concreti che venivano portati all’altare:

 

1.     Sentirsi chiamata (pane e vino);

2.     Il fidarsi di Dio - risposta con l’entrata  in convento (la piccola vecchia valigetta  portata con me, quando sono entrata);

3.     Diventare suora  Orsolina SCGA,  (Costituzioni, quadro di Sant’Orsola, Croce e anello);

4.     La sequela nella vita quotidiana  (famiglia con fiori, frutta, libri, giocattoli);

5.     La  conformità alla Volontà di Dio - oggi qui, domani lì (bandiere: polacca, italiana, filippina);

6.     Nel servizio ai fratelli  (grande quadro con le foto di tante persone, bambini con girasoli in mano).

 

L’omelia del vescovo, improntata sul significato della luce… conclusasi con l’augurio di saper essere luce per gli altri; la rinnovazione dei Voti, dopo l’omelia del vescovo. Accanto all’altare, la candela in mano, (spenta perché  impossibile da accendersi sotto la pioggerella e il leggero vento umido) significava  che la candela vivente doveva essere la mia vita con Cristo.

Il momento del ringraziamento mi ha vista impegnata a trasmettere i sentimenti di riconoscenza a Dio e a tutti I fratelli, per la vita quotidiana condivisa  insieme. E a spiegare l’immagine  messa nell’invito: due mani e una tavola. ( allego alla lettera quanto ha suggerito a me questa immagine )

          Il catering chiamato per l’occasione ha preparato il cibo sufficiente per tutti. Ha addobbato il salone, I tavoli, le sedie, come e’ usanza filippina.

 E’ il momento dell’agape fraterna, che ha visto riuniti attorno alla stessa mensa  amici benestanti e amici poveri. Tutti lo stesso cibo, tutti sotto la stessa tenda…come  una famiglia. Sì, perché questo ho sentito fortemente nel cuore e per il quale ho gioito. Saluti, abbracci, baci, foto, regali, uno scambio affettuoso di sincera fraternità e amicizia, dal più piccolo bambino che si faceva strada fra i grandi per abbracciarmi e chiedere la benedizione, al più grande che con un abbraccio sapeva trasmettermi l’affetto e la riconoscenza  per questa vita donata a Dio.

 

Gente, che arrivava a scaglioni anche dopo la messa, sotto la pioggia, ormai più consistente, che non voleva perdere l’occasione per farmi gli auguri, gente da accogliere e invitare alla mensa. Una parola ad uno, una all’altro, una stretta di mano, un via-vai senza sosta, ma col cuore aperto e gioioso per ricevere queste persone, dono di Dio.

A sera, sfinite, ci sediamo in salotto. E’ il nostro momento di intimità e fraternità e ricevo gli auguri delle suore, così sentiti e fraterni. Ma ancora una volta interrotto dall’arrivo di un’altro sacerdote, che non ha potuto partecipare. Ancora condivisione, anche se ormai siamo allo stremo delle forze! La gioia ha il sopravvento e di tutto rendiamo grazie a Dio.

 

La giornata del rendimento di Grazie non poteva  trascorrere meglio di così. “Grazie a Dio”, alle Consorelle e agli Amici tutti!

                                                                  Sr. Margherita Tiburzi

Una tavola

Era un albero vivo, rigoglioso, cresciuto nel tempo.

Dava ristoro nelle giornate accaldate,

ossigeno e aria pulita ai vicini di casa…

ospitalità a creature viventi…

Un giorno, l’ingegno umano, decise di  tagliarlo, usarlo.

Fu reciso, ripulito,  piallato,  affilato,

sbattuto qua e là, un’altalena di esperienze,

fino a diventare tavola.

Il suo futuro era nelle mani di chi lo maneggiava.

Si  lasciò piallare  con fiducia

dalle abili mani del suo  modellatore.

Dove vollero che stesse, restava,

ecco, era lì, pronto anche ad essere gettato nel fuoco.

Finì invece in una povera capanna:

stipite di una porta vacillante, o mancante,

offrendo ad essa stabilità e robustezza.

Quante mani di bimbi vi hanno espresso il loro gioco creativo,

Quanta storia  passata sulla sua scorza lasciandovi segni indelebili.

O fantasie di colori uno sull’altro,

sbiaditi o cancellati nel tempo.

A modo suo, quante cose viste, udite e taciute!

Il tempo e l’uso, ne ha consumato qualche parte,

rendendolo ancor più pregiato

secondo la moderna mentalità artistica dell’uomo.

1958 Rita Tiburzi   -  2008  Sr. Margherita Tiburzi

 

Un giorno, afferrata da due mani diventò oggetto fotografico.

Ed ecco le due mani alle prese,

una lettura a libera interpretazione:

Sorreggono  la tavola?

Non ricordano forse, come un giorno qualcuno l’abbraccio’ fino al Calvario?

Si sorreggono ad essa?

E chi non si aggrappa a quel legno della Croce per essere sostenuto, Salvato, Redento?

Sono espressione  di un grido, un’ invocazione,  una risposta,

come simbiosi di chi sostiene e di chi è sostenuto…

Non occorre arrivare ad un giubileo d’oro, per rendersene conto,

Basta l’attimo presente e con la vita ripetere:

“Here I Am, Lord Jesus” – “sono qui,  Signore Gesu’!