La Congregazione delle Suore Orsoline del S. Cuore di Gesù Agonizzante

 

Comunità Follonica - da novembre 1980-1986


 

Via Sardegna, 15

58022 Follonica (GR)-Italia
tel. +39.0566.51610


 

 

Il giorno 20 novembre 1980 la Congregazione ha mandato a Follonica due suore: sr.Margherita Tiburzi e sr.Ewa Wiącek (da settembre 1982 sostituita da sr.Tina Palmas). Le suore si sono impegnate quasi da subito nel lavoro apostolico tra le famiglie del quartiere Cassarello, collaborando con loro nell'educazione dei figli e nello svolgimento delle varie faccende domestiche. Il loro impegno principale era l'affiancare i padri Gesuiti nella catechesi familiare  e nelle varie forme dell'apostolato del luogo - principalmente nel lavoro con gli scouts e della preparazione ai sacramenti, sia in collaborazione con i Padri, sia nella parrocchia di Senzuno.

 

- ecco come descrive questi tempi sr.Margherita:

Il Concilio Vaticano II a suo tempo, aveva lanciato nella Chiesa uno Spirito innovativo che esplose in tutta la sua potenza. Alla vita religiosa particolarmente, lanciò una sfida, per un rinnovamento liturgico, per l’approfondimento del carisma specifico del Fondatore, del ridimensionamento delle attività apostoliche, del modo d’inserimento fra la gente per essere più leggibili e testimoni di un Dio Padre Buono (concetto che prendeva posto di quello di un Dio giudice e severo). La concezione nuova del valore della Persona umana, del laicato in azione nella Chiesa ecc.

Questo influsso Conciliare era sentito fortemente dai membri della nostra Comunità, in Italia, Ci si interrogava come rispondere a queste urgenze, e fra le tante cose che si desiderava fare, ha preso piede quella di voler formare una comunità ad “esperimentum”. Comunità piccola che svolgesse la sua vita, fra la gente, lavorando come loro, guadagnandosi da vivere con il lavoro così come fanno tutti senza istituire le solite opere gestite dalla Congregazione: asili, scuole, collegi ecc.

Caso volle che questa idea affiorò proprio nel periodo di aggiornamento della comunità diretto da un padre gesuita: P. Fabrizio Valletti, il quale ci parlò dell’ambiente dove già la sua comunità lavorava: un quartiere di Follonica. E nel quale loro esercitavano già un lavoro fra la gente, in piena collaborazione sia a livello religioso che sociale: assistenza religiosa: S. Messa domenicale, scuola sperimentale, centro sociale, attività di scoutismo, a contatto diretto con la gente, di qualsiasi ideologia politica. Apparve ai nostri occhi l’ambiente ideale per iniziare una vita di piccola comunità post. conciliare.

 

 

 

Fummo mandate in due suore, con il vestito più corto e senza il velo in testa (esso aveva già subito una trasformazione più consona ai tempi). Affittammo (o meglio inizialmente ci affittarono i padri Gesuiti) un piccolo appartamento - ne dovemmo cambiare più di uno nell’arco dell’anno uno perché non abitabile in inverno, e l’altro perché doveva essere liberato in estate per i bagnanti.

 

Vivere nell’appartamento permetteva di avere uno stretto contatto con la realtà della gente, e agli occhi di questa si poteva essere visibili e chiari in ogni nostra azione o scelta. Ci permise di sentirci e di farci sentire parte di loro, dei loro problemi e situazioni. Pian piano, tra un sorriso benevolo e l’altro, tra un bussare alla loro porta per un consiglio,un aiuto, o aprendo la nostra porta alle loro richieste, si instaurò un clima di fraternità e di benevolenza, che ci permise di sentirci pienamente a nostro agio. L’ideologia politica, la posizione di ostilità di molti nei confronti della chiesa e degli ecclesiastici, che in modo particolare in questo quartiere si notava, non costituì per noi nessun ostacolo, anzi fummo circondate da tanta benevolenza , comprensione e prontezza ad aiutarci in ogni nostra necessità. Crescevano di giorno in giorno le richieste di visite in famiglia, soffermarsi , discutere con loro (immancabile nel parlare con loro l’accenno alla loro vita di fede,più o meno contestata, ma sentita fortemente, anche se non manifestata esteriormente) uscire con loro, condividere le loro gioie e dolori. E col passar dei giorni sempre più porte si spalancavano per accoglierci, nello loro casa.

 

Pian piano cercammo di diventare autonome economicamente (all’inizio andammo avendo in tasca solo L.300.000), ci prestavamo ai servizi più templici, ma che ci permettevano di guadagnarci almeno gli alimenti: Baby Setter, lavori di ricamo, assistenza agli anziani, fino a quando non ricevemmo l’incarico di insegnare Religione nelle Scuole: –Liceo Scientifico e Medie).

 

sr.Margherita con gli alunni

 

sr.Margherita durante la catechesi nell'appartamento delle suore

 

L’inserimento nelle famiglie fu facilitato dal prendere parte attiva nella nuova iniziativa che i Padri Gesuiti avevano appena avviato: “ L’associazione scoutistica” Presenti alle loro riunioni, alle loro uscite, ai campi estivi, presenti alle riunioni con i genitori … presenti ogni domenica animando la celebrazione Eucaristica, presenti nei momenti di festa rionale…tutte queste presenze ci aprivano le strade per entrare nel cuore della gente e specialmente delle famiglie, e le attività da svolgere con loro nascevano: cosa da cosa .

La più incisiva attività che sperimentammo fu quella della catechesi, che si dovette affrontare in maniere insolita, cioè non nella forma tradizionale. La necessità del momento: alcune mamme dei bambini che frequentavano lo scoutismo chiesero al sacerdote di insegnare ai loro figli il catechismo. Ricordo ancora oggi il momento in cui il sacerdote con tanta disinvoltura chiese se io me la sentivo di fare questa cosa. Rimasi perplessa, non avrei saputo da cosa e dove cominciare, avendo notato il contesto nel quale vivevano questi bambini. Dissi di sì, ma avrei iniziato solo dopo aver parlato con i genitori di questi bambini. E la riunione mi fece capire che il mio timore non era infondato. Ho chiesto ai genitori perché desideravano questo per i figli: “Io sono credente, ma non pratico la Chiesa, e non voglio neanche obbligare mio figlio a praticarla, ma voglio che conosca il Vangelo e Gesù. Quando sarà grande potrà fare così le sue scelte!” mi fu risposto pressappoco così, e mi resi conto che l’opinione di uno era l’opinione di molti altri. E alla domanda che cosa volete che io dica ai vostri figli? “ Parla di Gesù, dei fatti del vangelo… - rispose - ma non parlare della Chiesa…” la interruppi esterrefatta e spontaneamente mi venne da ribattere: “ Ma come è possibile parlare di Gesù oggi se non si parla anche della Chiesa…?” Mi sentii imbarazzata, non potevo accettare queste condizioni. Seguì una discussione e alla fine si venne ad un compromesso: “E va bene le parli della Chiesa, - mi rispose - ma dica la verità, dica che anche la Chiesa sbaglia e tante persone che sono in essa non si comportano bene, questo lo devono sapere!”.

Mi apparve subito un osso duro il lavoro che stavo intraprendendo, ma accettai e ritenni opportuno coinvolgere gli stessi genitori in questo cammino di fede. Accettai di svolgere questo lavoro con la condizione di incontrarmi con loro sistematicamente una volta al mese, avrei raccontato a loro quanto dicevo ai bambini, così insieme avremmo potuto capire meglio. Iniziò così l’esperienza meravigliosa di un cammino verso la scoperta di “un uomo chiamato Gesù.” Fatto da bambini e genitori.

Non avevo testo, non avevo un programma, se non il Vangelo e l’incontro settimanale con questi bambini. Dove farlo? A casa, nel nostro piccolo appartamento, intorno al tavolo dove ci si riunisce per mangiare. Il Vangelo aperto,veniva letto insieme, se ne parlava, poi, ciascuno poteva dire la sua, la spiegazione trovava i bambini attenti, assorti nella riflessione, e instancabili per una ora intera. Mentre li guardavo, mi meravigliavo della loro attenzione, non so cosa fosse, ma non ho dovuto mai richiamarli all’attenzione e avevano il solo vangelo fra le mani. Erano sorprendentemente “fedeli”, puntuali ad ogni incontro, né una volta ho dovuto spingerli a frequentare, né facilmente si assentavano. Davvero strano. Il bello era che aumentavano spontaneamente di numero. Ricordo una bambina più piccola, figlia di militanti politici di sinistra, che decise da sola di frequentare questo gruppo e dal quel giorno non si è più allontanata.(Ha voluto fare perfino la I° Comunione).

 

L’appuntamento con i genitori veniva fatto mensilmente, sempre nel nostro piccolo appartamento, presentavo loro quanto avevo detto ai bambini, le problematiche emerse nel corso della lettura del Vangelo ecc. Il bello era che i genitori stessi venivano coinvolti da questi temi religiosi, così che sovente tornavano ai loro ricordi d’infanzia, alle esperienze religiose più o meno gratificanti, e se ne discuteva animatamente. Cominciammo con le sole mamme, ma nel corso dell’anno cominciò a partecipare anche qualche papà, alle riunioni. sr.Ewa con i bambini di cui le suore si prendevano cura aiutando le famiglie non italiane.

Il Vangelo offriva possibilità di approfondire i misteri principali della fede cattolica, ma ci portava anche a confrontarli con la nostra vita concreta di persone che vivono in una società, e perciò le discussioni venivano calate a livello pratico di vita. Di grande valore stimai il fatto del coinvolgimento dei genitori, le problematiche venivano poi riprese a casa e discusse in famiglia. Abbiamo impostato questo lavoro concependolo come un cammino necessario per la nostra crescita come persona completa.

Una tappa importante era quella di arrivare a scegliere se voler un contatto diretto con quel Gesù di cui si parlava, e questo poteva avvenire solo tramite la partecipazione all’Eucarestia con la Comunione e perciò inseriti nella così detta “Chiesa”. Le nostre riflessioni ci portavano spesso a considerare il valore dell’essere comunità… e in certo senso si stava già sperimentando questa realtà: si cominciava a costruire fra noi, bambini , suore, famiglie un senso ci comunione che rendeva sempre più attraente e necessario l’incontrarsi tutti assieme nelle varie circostanze, e scambiarci continuamente le opinioni su tutti i campi di vita.

Questo tipo di catechesi veniva improntato nell’ambito dell’attività scoutistica, perciò offriva la possibilità di avere contatti più stabili e sistematici con i bambini e le famiglie. Così come il celebrare le attività religiose nelle caratteristiche uscite del gruppo lupetti-scout. Avvenne che durante una di queste uscite alcuni dei ragazzi, poterono fare la loro Prima Comunione in presenza dei loro genitori.

Da premettere che di questa attività catechistica ne era al corrente il Vescovo Titolare di Massa Marittima, Mons. Vivaldo, con il quale eravamo continuamente in contatto, e che appoggiava in pieno, anzi incoraggiava, questo tipo di inserimento e di attività nell’ambiente in cui ci trovavamo. Ne era al corrente anche il parroco della Parrocchia di appartenenza. (Lui era un po’ meno entusiasta di questa attività, perché desiderava averci a totale servizio della parrocchia, secondo i soliti canoni di servizio delle religiose).

Durante il corso dell’anno ho cercato di conciliare il più possibile la collaborazione tra di noi e la parrocchia cercando anche di far incontrare il parroco con queste famiglie, invitandolo alle riunioni serali con loro, lui ha partecipato qualche volta. (Era un altro scoglio da affrontare). Ma serenamente e piano, piano si è cercata una via di mezzo.

Il cammino proseguiva e un’altra tappa da raggiungere si prospettava con il secondo gruppo di bambini che desideravano fare la Prima Comunione. L’attività scautistica offriva un ottimo spunto per preparasi a questo passo con segni evidenti e carichi di significato. I genitori da una parte e i bambini dall’altra. Uno dei problemi più grandi da affrontare sul quale erano pienamente d’accordo i genitori era : sfasare l’importanza del ristorante, dei vestiti e dei regali per il giorno della Prima Comunione. A questo sono stati sensibilizzati anche i bambini i quali sembravano aver capito e hanno accettato in pieno. (Infatti non vi è stati ristorante, non vi è stato vestito speciale, tanto meno i regali). Vorrei qui descrivere, anzi è meglio dire “balbettare” (perché non ci sono parole adatte per esprimere quell’esperienza così sentita e partecipata, di vitale importanza) quella che fu la bellissima e incisiva esperienza della giornata di “prima Comunione,, in una uscita scoutistica.

Con i bambini che dovevano fare la Prima Comunione, siamo usciti la mattina presto e giunti sul luogo ci siamo inoltrati nel bosco sostando vicino ad una piccola sorgente. Vestiti come di solito, scarponi, zaino sulle spalle,borraccia per l’acqua a tracolla, un bastone fra le mani,. Accanto alla sorgente ci sediamo, leggiamo un brano del Vangelo, riflettiamo e stiamo in silenzio. Poi passiamo in rassegna gli oggetti che usiamo per il cammino,: scarponi, bastone, zaino, cibo, acqua, bastone, cartina-guida, spiegandone il valore, e trasportando questo significato sul cammino cristiano. Si consegna il vangelo che deve essere la guida sicura, si attinge l’acqua alla sorgente (simbolo del battesimo) per riempire la propria borraccia che serva per dissetarci lungo il cammino. Armati di queste cose ci rimettiamo in cammino dirigendoci verso il luogo di incontro dove verrà celebrata la S. Messa. Lungo il viottolo fra cespugli ed alberi incontriamo dei grandi cartelli stradali, messi appositamente per loro ( questo a loro insaputa, sono stati preparati dai genitori e messi nel percorso del loro cammino, segnali significativi che davano le indicazioni per un buon cammino sviando i pericoli o affrontandoli con cautela. Sempre a loro insaputa i genitori nel frattempo avevano preparato l’altare con dei bastoni, e con tronchi i sedili per la celebrazione, inoltre avevano preparato con i fiori raccolti in quel momento, delle coroncine per le femminucce e dei mazzolini per i maschietti, avevano fatto (equivalente al grande) un piccolo segnale da regalare al proprio figlio, dandogli la spiegazione come consiglio e augurio di vita. Il cammino prosegue cantando e soffermandosi ad ogni segnale per commentarne il significato il significato, fino a che si arriviamo allo spiazzo preparato per la Celebrazione, già colmo di altri bambini e di famigliari. La commozione è grande i bambini vengono accolti dai genitori che consegnano uno ad uno il proprio segnale facendo gli auguri, e i fiori (in testa alle bambine le coroncine, sul petto dei maschi i mazzolini.) Poi è il genitore che aiuta il proprio figlio a tirar fuori dallo zaino il contenuto e a predisporsi per la celebrazione.

Canti, gioia, condivisione, preghiere spontanee, scambio del perdono e della pace… il tutto in mezzo alla natura, sotto gli alti castagni che formano una volta come di cattedrale, è CELEBRAZIONE di quanto vissuto fino a quel momento, è SPERANZA per il futuro, è GIOIA profonda e autentica. Lo rivelano gli occhi bagnati di lacrime dei presenti, l’attenzione, la semplicità e spontaneità e gli occhi brillanti dei bambini, i canti che scaturiscono dal cuore. Come non sentir palpitare lo Spirito in queste circostanze?

Segue il pranzo, tutti assieme, nelle condivisione e nella gioia, preparato precedentemente o in quel momento. I giochi di gruppo nel pomeriggio: genitori e figli insieme hanno dato il tocco finale alla gioia e al ringraziamento per il cammino fatto.

 

LODE al Signore !!!

 

Ma la strada non finiva qui, era solo un tappa, ci si incamminava ancora verso un’altra meta, quella della Confermazione. I bambini erano cresciuti. E ci si è interrogati se continuare questo cammino. Indipendentemente da una accettazione o meno di ricevere la Confermazione si sono continuati gli incontri, sempre sul Vangelo, sul confronto con la vita e sempre coinvolgendo i genitori. Si era giunti al periodo nel quale in parrocchia si amministrava il Sacramento della Confermazione, e ci siamo interrogati se inserire anche i nostri ragazzi. Ma prima di questo è stata fatta fare agli stessi ragazzi la scelta (così come da espresso desiderio dei genitori). La convinzione di non aver capito il vero significato del Sacramento e in un primo momento li ha spinti al rifiuto e nessuno ha voluto far pressione su di loro. L’anno successivo si è riproposta la stessa scelta e questa volta dopo ore di riflessione personale e colloqui con i genitori i ragazzi hanno optato per il si. Anche la scelta dei padrini e madrine è stata fatta dagli stessi bambini. Le discussioni su questo argomento, la dinamica della scelta personale rivelava che il cammino fatto era notevole così da rendere i ragazzi consapevoli che quel che sceglievano di fare doveva essere una cosa seria e impegnativa. Riporto solo un fatto:

 

Un bambino dietro richiesta della madre che gli suggeriva di fare la Cresima perché tutti in casa l’avevano fatta, il bambino fa osservare che se l’avevano fatta come mai non praticavano quello che avevano imparato? Al momento della scelta del padrino, ha voluto scegliere da solo rifiutando chi la mamma gli suggeriva. Ha detto alla mamma: “ Voglio che la mia madrina sia la suora… penso sia l’unica che ci crede veramente”. L’occasione del Sacramento della Confermazione è stato motivo di riavvicinamento delle famiglie alla parrocchia e la parrocchia verso le famiglie. I Bambini hanno fatto il ritiro assieme a quelli della parrocchia e la domenica della festa tutti insieme in parrocchia per la Confermazione. Ha fatto seguito il solito pranzo insieme, i giochi, i canti fra la natura, i soliti non regali, ma tanta gioia e serenità familiare e comunitaria

 

Questo fu l’ultima tappa che facemmo insieme, poi le situazioni di rapporto con il parroco precipitarono negativamente e siamo state costrette ad abbandonare il campo, con grande dispiacere

- sr.Margherita)

 La comunità ha cessato ufficialmente il giorno 26 settembre 1986

 

ma...

...ciò che è stato seminato fruttifica...


 

... RITORNIAMO in varie OCCASIONI:

 

vari incontri con le famiglie di Cassarello

incontro missionario nelle scuole di Follonica, nel 2006

inontro AGESCI, nel 2010

 

altre Comunità:  in Italia - nel mondo