La Congregazione delle Suore Orsoline del S. Cuore di Gesù Agonizzante

 

Scuola dell'Infanzia  "Maria SS.Assunta" 

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Scuola Primaria Paritaria  "S.Paolo"

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AS 2022/2023

 

Incontro della Comunità Educante -  novembre 2022

con sr.Danuta

 

 

 

Madre Orsola e i nostri tempi  

(2 parte)

 

 1.   La volta scorsa ci siamo soffermati sul modo con cui Sant’Orsola si rapportava al prossimo, osservando come sapeva essere per gli altri.

Ci siamo detti che Madre Orsola fondava i rapporti umani e il suo essere per gli altri su due forti fondamenti:

 - la convinzione che Dio è il Padre che ama e che agisce tramite ogni evento: siamo nelle sue mani;

- la convinzione che l’amore cristiano è per sua natura universale, spinge cioè ad abbracciare ogni essere umano.

 

2. Continuiamo la nostra ricerca nel conoscere meglio il modo di pensare di Madre Orsola, le sue convinzioni, esaminando il contesto in cui lei ha vissuto.

Durante il primo incontro abbiamo percorso la sua vita dalla giovinezza fino all’esilio. Abbiamo osservato come si rapportava agli altri, quali convinzioni ci sono state alla base del suo agire.

Oggi continuiamo il nostro viaggio nella storia di vita di M. Orsola. Rivolgendo lo sguardo e il cuore a Lei, cercheremo di trovare spunti significativi per la nostra riflessione personale.

 

3.   Per m. Orsola e le sue compagne, i 10 anni di clandestinità vissuti prima in Russia, poi in Svezia, Finlandia e Danimarca, furono anni di transizione. La nuova comunità, che all’inizio contava solo tre membri crebbe, arrivando a circa 40 suore, iniziò a prendere una forma propria. Le situazioni atipiche nelle quali operavano le suore imposero a M. Orsola la ricerca di soluzioni nuove e nuovi atteggiamenti. Decise così di fondare una nuova congregazione, sulla base di ciò che aveva vissuto come Orsolina di Cracovia.

Occorreva però chiedere il riconoscimento dello stato giuridico della nuova Congregazione. Non fu una cosa facile per m. Orsola che precorreva i tempi, anticipando il rinnovamento della vita religiosa. La nuova visione di vita religiosa, prima del Concilio Vaticano II, con delle intuizioni moderne, le creò molti problemi e non poche sofferenze. Ciò che è importante notare è che, nel suo modo di pensare e progettare, non cercava di avere ragione a tutti costi…  si lasciava guidare. Era in ascolto dei segni dei tempi, delle necessità degli altri.

 

Madre Orsola non era ben vista in Vaticano e ne era cosciente. Ecco cosa scrisse in una delle sue lettere: 

“Così il tempo passava e non si faceva nulla - nessuno ci tendeva la mano - portai le nostre Costituzioni alla Sacra Congregazione, però non sapevo come sarebbe andata a finire e sentivo che tutti quelli che parlavano con me, non sapevano come risolvere la nostra situazione piuttosto complicata. Mi opprimeva sempre di più la tristezza ed il peso della responsabilità, e sempre di più mi fermavo presso la Madonna della Strada.”

La Madre sentiva diffidenza, freddezza, chiusura nei suoi riguardi. Questo le faceva molto male.

“Non potevo superare questa impressione: la Sacra Congregazione non era ben disposta nei miei confronti, dovuto forse a qualche accusa o calunnia”

P. Vladimiro, suo fratello, scrisse al riguardo: “In Vaticano tanto hanno sparlato di Lei”.

Per m. Orsola quel periodo fu particolarmente difficile. Le fu data la possibilità di incontrare Papa Benedetto XV. Anche questa esperienza non fu tra quelle felici.

 

Ecco come descriveva questo incontro:

“Brevemente riassunsi lo scopo della mia venuta a Roma dopo tutto il peregrinare, dopo le persecuzioni e l’esilio. Il Santo Padre mi ascoltò e poi disse: ‘Ora farebbe bene a tornare nel suo convento.’ Trepidai...dove? Abbandonare le mie Suore e tornare a Cracovia? - Allora dissi timidamente: ‘Ma Santità, dove? Sono già nel mio convento. Ed il Santo Padre continuò:” Perché la religiosa che corre per il mondo non va bene”. Avrei voluto piangere. Dico sinceramente, pensavo che gli altri per aver sopportato l’esilio e la persecuzione venissero accolti festosamente - ed io - non lo pretendevo né lo desideravo, però un rimprovero simile da parte del Santo Padre fu molto doloroso”!  

Per fortuna P. Vladimiro, che aveva una grande esperienza e godeva di tanto prestigio al Vaticano, si interessò personalmente delle questioni della nuova congregazione nascente e aiutò a sistemare la questione dello stato giuridico della comunità di m. Orsola.

La grande opera di M. Orsola di cui ora facciamo parte, ebbe un inizio pieno di contrarietà e sofferenze.

“Roma è per me come un ostile giudice, burocrate, che è pronto a schiacciare individui, quando si tratta di legge, le singole anime non importano! Davanti al Santo Padre provo paura, ciò non impedisce, che veda in lui il Vicario di Cristo e sono pronta a dare la vita per lui. Fino all’ultimo momento speravo che quando fossi andata dal Santo Padre, avrebbe cambiato atteggiamento, mi avrebbe ascoltata, incoraggiata, ma tutto questo è un’illusione...”

Stupisce il suo modo di vedere le cose, non critica, da’ nome a ciò che vive e sente, ma è pronta dare la vita per il Santo Padre. Si sentì non capita dal Papa e il suo atteggiamento verso di lei costituì una grande e dolorosa prova della fedeltà alla Chiesa.

 

E ancora un’altra testimonianza di come le cose grandi nascono tra le difficoltà e sofferenze:

Per lei il periodo della nascita della Congregazione, la non benevolenza in Polonia, dopo il suo ritorno, tutto ciò costituì una vera e propria via dolorosa:    dalle “Lettere”, pag. 68 - 69 ( La lettera al P.Vladimiro, 15.VI.1920)

 “Padre mio, da tanto tempo era vivo in me il desiderio del martirio. Molto spesso chiedevo a Dio proprio questo, ogni tanto mi sono fatta prendere dalla viltà e in questi momenti smettevo di chiederlo, ma questo desiderio tornava di nuovo e di nuovo lo chiedevo e ancora di più lo chiederò. Forse il Signore Gesù vuole un martirio diverso - non sanguinoso- ma vuole la morte dell’opera, la morte di tutto quello che ho fatto con sudore? Sono pronta a tutto. Piango, ma credimi, di tutto quello che ho sofferto qui, quello che mi ha denigrato non vorrei cancellare niente. Anzi, chiederei ancora: dammi, o Signore più croci, ma di una cosa ho paura, che in questi momenti difficili, anche se mi sento completamente distrutta, trovo tanta dolcezza e gioia. Perché se anche ho avuto la colpa, se i miei lavori e il mio sforzo erano cattivi, certamente Il Signore Gesù vuole darmi la possibilità di riparare le colpe e non mi condanna..., ma mi attira a Sé purificandomi con la croce.

Mi sento abbattuta, Padre, ho perso la fede in questa mia opera, ma penso, che quando vedrò i miei piccoli bambini tutto ritornerà. Non mi sento infelice e sono pronta per un’ulteriore ‘via dolorosa’, pronta a quello che mi sembrava molto difficile: alla distruzione dell’opera e all’umiliazione legata a questa. Purché questo non spezzi le mie Suore!

/.../

Padre mio caro, benedici ogni sera le reliquie della Santa Croce, affinché Gesù Crocifisso ci dia amore della croce e perseveranza nella croce, che oggi mi manca completamente, ma sicuramente tornerà quando ne avrò bisogno.”

Madre Orsola diede dunque inizio ad una nuova famiglia religiosa, germogliata sul vecchio tronco delle orsoline. Non aveva intenzione di fondare una nuova congregazione. A volerlo fu Dio, che stava scrivendo diritto sulle righe storte tracciate da mani umane. Era pienamente consapevole di questo, perciò disse la sua convinzione riguardo all’origine della Congregazione:

“A pensare e a dirigere le cose in questo modo è stato Dio stesso. (…) io sono stata soltanto una pedina sulla scacchiera, diretta da una mano dall’alto, spostata da un luogo all’altro, di paese in paese, fino a compimento non dei miei disegni, (…) ma dei disegni di Dio”.

 

4.   Nelle Costituzioni della Congregazione (approvate nel 1923), M. Orsola disegnò una vasta gamma di impegni apostolici:

“Lo scopo particolare della Congregazione è l’educazione e l’istruzione dei bambini e della gioventù, specialmente dei più poveri e tutte le opere che servono alla diffusione della fede e all’estensione del regno di Dio sulla Terra”.

            La Madre era un’orsolina, perciò uno dei problemi per lei più importanti era l’istruzione connessa all’educazione: stava però cambiando, rispetto alla tradizione delle orsoline, la struttura sociale delle educande e il tipo di scuola. La Congregazione abbracciava con la sua sollecitudine educativa prima di tutto i bambini e la gioventù degli ambienti operai e agricoli. In più Madre Orsola volle che le suore mantenessero uno stretto contatto con la vita della gente comune, perché lavorassero veramente per la gente e in mezzo alla gente, prima di tutto per i più poveri e i più bisognosi.

Nella formazione Madre Orsola seguiva un orientamento "personalista": amava e dava fiducia, credeva nella persona. Proponeva un’educazione integrale, la promozione dello sviluppo armonico della personalità. Individuò un nuovo modello, personalistico, di educazione. Vedeva tutta la persona con le sue molteplici necessità ed offriva un'istruzione completa: professionale, culturale e religiosa. E su questa scia noi oggi proponiamo i progetti educativi, che abbracciano diverse sfere riguardanti un’educazione completa.

Madre Orsola mandava le sue suore dove c’erano i più grandi bisogni sociali. Per lei un’educazione completa doveva comprendere sia la dimensione patriottica che quella religiosa.

Mirava alla formazione di uomini e donne di forte personalità, di chiare convinzioni, che si sarebbero inseriti attivamente nella vita sociale e religiosa. 

Vedeva la missione delle Orsoline come un impegno forte, che non si tira indietro di fronte alle situazioni difficili e complesse: 

“Siamo l’esercito della Santa Chiesa che va là dove è maggiore il pericolo, come una vera avanguardia”.

 

Le suore dovevano dare l’esempio di una vita nell’amore verso tutti. Concepiva l’apostolato, specialmente nei territori più abbandonati e difficili, come una specie di fusione con l’ambiente e un adattamento alle sue condizioni. In più, nei posti più poveri e più difficili mandava:

“delle suore con istruzione universitaria, perché proprio nel lavoro missionario v’è bisogno di persone istruite, ben educate, capaci di orientarsi riguardo alle necessità della popolazione”.

 

5.   Per poter far fronte alle necessità del mondo contemporaneo, m. Orsola si rivolse allora ai laici, convinta che l’apostolato non fosse un campo esclusivo delle persone consacrate e che nel cosiddetto laicato fossero assopite delle energie non ancora sfruttate:

          “Il mondo era abituato a pensare che il lavoro per la salvezza delle anime, per la vittoria dell’idea di Cristo spetta al clero, agli ordini religiosi, l’uomo laico invece può, a seconda del proprio gradimento ed inclinazione, dare una mano al clero, in questo duro lavoro per l’estensione del Regno di Cristo sulla terra, Tutti siamo (...) figli dell’unico Padre nostro, che è nei cieli, dobbiamo dunque, in modo solidale aiutarci reciprocamente, (...). Ognuno, secondo la propria possibilità, lavori perché sia santificato il Nome di Dio, perché venga il suo Regno, affinché si compia sempre e ovunque la sua volontà”.

          Faceva appello alle giovani, proponendo loro di fare come i loro fratelli che svolgevano il servizio militare a favore della patria, di dedicare alcuni anni della loro vita al servizio sociale:

          “Non vi incoraggio allo stato religioso - la vocazione viene soltanto da Dio - ma vi domando se non potreste dedicare a Dio e alla Patria due o tre anni della vostra giovinezza... Tuo fratello forse fa il servizio militare, e ciò non gli è di ostacolo né per la carriera, né per sposarsi, quando verrà il tempo... Se almeno qualcuna si dichiarasse disposta a farlo, potremmo organizzare il lavoro in alcuni luoghi. In questo lavoro maturerai, il tuo spirito prenderà vigore, crescerai ai tuoi propri occhi, poiché ti convincerai di essere stata creata per qualcosa di più alto, più utile (...) Non chiedo per me stessa, chiedo per le anime, per le famiglie, per i bambini”.

          In risposta all’appello, la Madre ricevette centinaia di lettere. Si presentavano molte volontarie. La Madre organizzò per loro dei tirocini in istituti educativi gestiti dalla Congregazione, per prepararle ad un lavoro autonomo.

          La preparazione del laicato, perché fosse lievito evangelico nel proprio ambiente, non si limitava soltanto ai giovani, alle alunne ed ex-alunne delle scuole gestite dalle suore. La Madre voleva raggiungere ancora più ampie cerchie della società. Intraprendeva varie iniziative: per esempio organizzava Circoli di Donne e di Casalinghe Rurali, partecipava a vari convegni dove interveniva tenendo delle conferenze, desiderando presentare alla società un modello di donna attiva e cattolica. Indicava i più fruttuosi metodi di educazione della giovane generazione nello spirito patriottico e religioso. Cercava di destare la consapevolezza della missione della donna nella società contemporanea e della sua responsabilità per il livello di vita familiare, sociale e religiosa:

“Educare le ragazze vuol dire educare le future madri di famiglia. Sappiamo infatti, che il futuro della nazione sta non tanto nelle mani dei nostri politici, quanto in quello delle madri. Sulle ginocchia di una santa madre, vengono educati i pii sacerdoti, i bravi impiegati statali, gli eroi della difesa della patria. Questo lavoro educativo ha bisogno di persone, di persone di buona volontà, di grandi ideali”.

Lanciò la sua idea di volontariato prima ancora del Concilio Vaticano II, durante il quale si parlò molto del posto dei laici nella Chiesa.

 

6.   Non possono mancare osservazioni sul suo concetto di lavoro nella vita religiosa. Bisogna ricordare nuovamente che il tempo dell’attività della Madre e della fondazione della Congregazione, fu un tempo di grandi trasformazioni e di nuove tendenze nel guardare il lavoro e le strutture lavorative umane. Più per l’intuizione di un cuore cristiano, che per effetto delle considerazioni socio-teologiche, lei percepì lo spirito del lavoro umano e superò le opinioni esistenti prima di allora, le divisioni e i pregiudizi riguardo ai lavori “più degni e più umili”, “convenienti e non convenienti” per le persone consacrate. Accanto alla preghiera, ha accettato il lavoro, ogni tipo di lavoro, come un obbligo essenziale della vita religiosa. Per lei l’unico criterio del valore del lavoro era la persona umana, suo soggetto e causa.

   Perciò, nel ventennio tra le due guerre, durante la guerra e dopo la liberazione, si potevano vedere le orsoline grigie dedite ad ogni tipo di lavoro: dietro l’aratro su un campo, con la cazzuola in mano nella costruzione di una casa, nella scuola materna e nella casa famiglia, nell’istituto per bambini handicappati e sulla cattedra universitaria.

 

7.   Nonostante il grande slancio apostolico e l’aver indicato alle sue figlie spirituali i vari orizzonti dell’attività educativa, sociale e religiosa, Madre Orsola fu l’opposto di una "attivista”, assorbita totalmente dalle attività pratiche. Il suo ardore apostolico e l’infaticabile entusiasmo nel lavoro, avevano il carattere proprio dei mistici, più che degli attivisti sociali e scaturivano da una radicata unione con Cristo, da una fede viva e da una profonda vita di preghiera. L’abnegazione della Madre, unita alla sua umiltà, la semplicità e la serenità nel contatto con gli altri, attingevano da un ricco deposito di vita interiore, formata nel Cuore aperto di Gesù agonizzante per la salvezza del mondo.

          Per m. Orsola l’amore del Cuore Agonizzante di Cristo era la misura dell’amore verso il prossimo. Sono ormai famose le sue parole, che sono una scuola dell’amore concreto:

“Devo amare il prossimo come Gesù ha amato me (...). Prendete e mangiate le mie forze, sono a vostra disposizione (...). Prendete e mangiate le mie capacità, il mio talento (...), il mio cuore, che con il suo amore esso riscaldi e rischiari la vostra vita (...). Prendete e mangiate il mio tempo, sia a vostra disposizione. Io sono vostra come Gesù è mio”.

“L’amore viene provato con un atto d’amore: le parole, i sentimenti possono essere un’illusione, l’atto è la verità”.

Ecco un’altra sua forte convinzione:

“Nessun lavoro perciò sembri loro troppo penoso, nessuna fatica troppo grande, nessun sacrificio troppo grave, quando si tratta di aiutare il prossimo”.

            L’amore di per sé forma una “nuova vita”. Il semplice, sincero, generoso, umile e gioioso amore per Dio e per il prossimo è per la Congregazione, come fu per sant’Orsola, la forza e il principio di un continuo aprirsi a nuove persone, ai nuovi tempi, alle nuove necessità.

 

8.   Madre Orsola fu definita da Giovanni Paolo II “un’apostola della nuova evangelizzazione", dando prova, con la propria vita e le sue attività che l’amore evangelico è sempre attuale, creativo ed efficace.

 

 


 

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