La Congregazione delle Suore Orsoline del S. Cuore di Gesù Agonizzante

Madre Orsola Ledóchowska

STORIA della CONGREGAZIONE

 

(pro manoscritto, Roma)


A PIETROBURGO

IL LAVORO NEL PENSIONATO DI S. CATERINA

Andando a Pietroburgo ci fermammo a Vilna per chiedere a Ostra Brama la benedizione per il nuovo lavoro. Mi pare,  che arrivammo a Pietroburgo il giorno di S. Maria Maddalena (22 luglio). Ci attendeva la sign. Emilia Maculewicz, la quale ci installò a S.Caterina tant bien que mal. Vi trovammo i lavori di restauro. Mi, misi a studiare la lingua russa, ed – a rammendare le calze delle allieve, la maggior parte delle quali si vestiva alle spese del collegio.

Tutto ìl tempo fìno alla fine di agosto, scorse tranquillamente ‑ sorvegliavo i lavori di restauro. Ai primi di agosto arrivò la mia fedele Alina. Lavorammo assieme ‑ la sign. Maculewic aveva cura di noi e ci trovavamo bene, ma purtroppo arrivò l'ora della separazione.

A questo punto devo dire qualche parola sul conto della sig. Zaborska, oggi Suor Zaborska. La conobbi nel settembre del 1904. Da molto tempo aveva avuto intenzione di prendere parte agli esercizi spirituali tenuti nel nostro convento, perché una volta era stata allieva della Madre Ignazia Szyd³owska alla quale voleva molto bene, quando questa dirigeva la scuola ad I³³ukszta. Alina aveva sempre avuto qualche impedimento. Finalmente quando divenni superiora il Signore la condusse presso di me, perché volle darmi una fedele amica, un sostegno ed una consigliera sulle strade dell'esilio così irte di difficoltà. Madre Ignazia come direttrice del pensionato, non ebbe tempo di occuparsi di Alina, la quale rimase scontenta di essere stata affidata a me. Però subito dopo aver conferito assieme la sera, le nostre anime si sentirono vicine e dopo la partenza di Alina mantenemmo una frequente corrispondenza. Alina si applicò con fervore al lavoro interiore ed io cercavo di aiutarla e di attirare in lei la scintilla della vocazione religiosa, che già aveva in fondo alla sua anima.

Anche se non ero obbligata a farlo, questo incipiente amicizia la misi sotto il controllo della Madre Stanislaa la mia ex‑superiora, affinché essa rimanesse pura, soprannaturale, libera da tutto quello che vi potesse essere di terreno. Solo nel 1906 Alina si liberò dai doveri che la legavano al mondo e chiese di essere accettata nel nostro convento. Proprio allora iniziammo, istituimmo il pensionato per le studentesse ed io chiesi ad Alina di rimandare per il momento la sua entrata e di prendere la direzione di questo pensionato, assicurandola che questo tempo le sarebbe stato contato come periodo di prova.

La nostra amicizia si consolidava ed approfondiva sempre di più e la separazione fu un grande sacrificio per entrambe - mi domandavo perché il Signore ci aveva avvicinate, per separarci poi così presto. Poi avevo potuto costatare, che ci ha voluto soltanto provare, per vedere se la nostra amicizia non si sarebbe tirata indietro di fronte al sacrificio e prima di tutto se era sottomessa alla volontà di Dio. Quando Egli vide che eravamo a sua disposizione ci riunì per sempre.

Il Signore lo sapeva, che nei frangenti in cui mi sarei dovuta trovare, avrei avuto bisogno di questa fedele amicizia, la quale così spesso poi mi aveva sostenuto ed incoraggiato, e Gliene fui per questo infinitamente grata. Quest'amicizia fu il dono della sua Provvidenza.

Ritorno a Pietroburgo.

Alla fine di agosto Alina partì per iniziare il suo lavoro come direttrice del pensionato. Il 18 settembre arrivò Suor Wielowiejska e Suor Margherita. Iniziarono le lezioni e il collegio so affollò. Il compito non era facile.  Le allieve, particolarmente le più grandi, erano prevenute contro di noi, come anche la maggior parte delle insegnanti ‑ e la colonia polacca non ci faci­litava il lavoro guardandolo con occhio critico.

A novembre ricevetti il permesso dalla Superiora di Craco­via di recarmi lì per fare una visita. Dovevo anche incontrar­mi con mia sorella M. Teresa a Vienna. Da Pietroburgo mi recai direttamente a Vienna. per discutere la questione dell'erezione canonica della casa di Pietroburgo ‑ filiale del convento di Cracovia, e per poter darle l'autonomia. Lo ritenevo necessario a causa della censura della corrispondenza e delle particolari necessità dell'ambiente, che talvolta a Cracovia non potevano essere ben comprese. La mia sorella Direttrice Generale del Sodalizio di San Pietro Claver e sua fondatrice, aveva già allora la casa generalizia a Roma. Era molto ben vista in Vaticano e presso la Sacra Congregazione e di conseguenza poteva esserci di aiuto. tanto più che era molto esperta nel diritto canonico. Ci volevamo molto bene ‑ ella comprendeva le mie preoccupazioni - potevo contare su di lei. Passai con lei un po' di giorni a Vienna e ne trassi molto profitto anche riguardo alla conoscenza della legislazione religiosa.

Da Vienna mi recai a Cracovia, ove con mia grande sorpresa ‑ ricevetti un'accoglienza fredda ed indifferente, forse come con­seguenza della mia domanda di autonomia per la casa di Pietro­burgo; prima ancora di parlare sentii già questa freddezza, la quale mi ferì dolorosamente.

Dio lo volle ‑ così mi spiegava la mia sorella ‑ confidente nelle difficoltà, per distaccarmi dalla terra e rendermi uno stru­mento docile nelle sue mani.

Le Madri acconsentirono alla mia richiesta e la petizione fu inviata a Roma tramite il Cardinale Puzyna.

Durante il mio soggiorno a Cracovia, la Superiora mi pregò, di portare via con me Alina, che riteneva troppo indipendente e non voleva averla con sé. Non ne parlai con lei per poter riflettere tranquillamente, come avrei dovuto agire; in ogni modo anche in questo avvenimento ci fu la mano di Dio, la quale ci separò per un breve tempo per rendermi poi quella che per tutta la vita sarebbe dovuto restarmi fedele amica.

Dopo questo breve e doloroso soggiorno a Cracovia, tornai a Pietroburgo. Mi rimisi a studiare il russo per poter dare l'esame necessario ad avere il diritto di dare le lezioni nel ginnasio e guadagnare in questo modo qualche cosa, per arrotondare un po' le nostre scarsissime entrate.

Con le allieve il lavoro fu molto difficile. Fuori del collegio le prevenivano contro di me, spiegando che non era possibile che volessi bene a tutte allo stesso modo, che fingevo, avendo in questo qualche scopo d'interesse.

Dopo aver riflettuto sulla questione di Alina, le sorissi dicendole che desideravo che entrasse nella nostra casa di Pie­troburgo, lasciandole però tutta la libertà nel disporre di se stessa. Alla vigilia di Natale ricevetti la risposta, che si rimetteva completamente nelle mie mani ed era pronta ad unirsi a noi. Gesù Bambino mi regalò dome dono di Natale, quella che sarebbe stata poi il mio sostegno nella via crucis della vita.

Il 27 febbraio 1908 ricevetti l'erezione canonica della casa e del noviziato a Pietroburgo.  Così la nostra casa divenne autonoma ‑ con le Costituzioni uguali a quelle di Cracovia – solo nella capitale degli zar. Iddio ci restò come unico protettore ‑ ed il suo vicario sulla terra ‑ il nostro Santo Padre Pio X. O sì, il coraggio e la consolazione ce la diede la bon­tà e premura veramente paterna del Papa. Sapevamo, che nella lontana Roma il cuore del Padre ricordava le sue figliuole, mal­grado il peso della responsabilità di tutta la Chiesa. Tramite mia sorella il S.Padre ci mandò a dire che “potevamo indossare anche ì vestiti rosa, purché lavorassimo in Russia”. Per mezzo di Sua Eccellenza Mons. Nowak raccomandò alle suore di Cracovia di scriverci spesso “perché là sl trovano tanto sole”. Sul re­tro della mia fotografia ove figuro in vesti laiche, e che la mia sorella M.Teresa gli fece vedere, scrisse di proprio pugno, senza che nessuno glielo chiedesse: “Deus benedicat te ad omnia opera tua” de 14 aprilis 1909. Pio P.P.X. ‑ Poi ancora inca­ricò il visitatore dei PP. Domenicani ‑ più tardi Superiore generale di quest’ordire, P.Theissling affinché mi visitasse e mi dicesse “che il S.Padre è contento di noi”. Così il Padre Theissling appena arrivato Pietroburgo mi venne a trovare nell'Istituto di Santa Caterina.

La paterna bontà di Pio X fu per noi forza e consolazione nei momenti di più grave persecuzione in Russia. Spero che anche ora dal cielo proteggerà la nostra Congregazione, come lo fece durante la sua vita.

Nel gennaio 1908 mi hanno invogliato di comperare un vil­lino a Terioki in Finlandia. La ragione era questa, che le suore dopo il lavoro pesante dell'anno scolastico non avrebbero dovu­to rimanere a respirare l'aria malsana di Pietroburgo nell'is­tituto di S. Caterina, più chiuso ancora delle carceri di Schlusselburg. Ci recammo con la Sign. Maculewicz a Terioki, e visitammo il villino del Signor Ptaszycki e l'altro situato vicino alla cappella cattolica ‑ tutti e due in vendita ‑ fu desiderio della maggioranza che ci occupassimo della cappella.

Fu una bellissima giornata d'inverno ed i villini con gli alberi tutti rivestiti di bianco si presentavano tanto bene. Quelle che mi ricordano, lo sanno che ero molto sensibile alle bellezze della natura – così, mi sono entusiasmata a questo pensiero suggeritomi particolarmente dal Canonico Ostrowski, il quale si occupava di noi con tanta benevolenza e dal Prof. Ptaszycki.

Avevo deciso di comperare la villa e già la transazione era in corso, quando non so da dove mi arrivò la voce che in questo boschetto c'era un po' di umidità. Provvidenzialmente, me ne preoccupai molto e decisi di affittare prima la villa a Terioki e di decidere poi in seguito se comperarla o no. Hanno lodato la mia prudenza anche "provvidenziale" ed effettivamente invece di comperare la villa, ne affittai una per l'estate, proprio quella vicina alla cappella. Qualche settimana dopo una delle insegnanti mi avvertì, che un suo conoscente voleva vendere un villino sul Golfo Finlandese, distante 40 (wiorst) da Terioki, nella pineta, lontano dalle abitazioni; dal paese - in un luogo quasi deserto. Ecco la mia provvidenziale prudenza: mi recai sul posto, viaggiando per tre ore e mezzo con le slitte  - ­un luogo bellissimo; proprio da sogno, circa 20 ettari di terra, - ­una magnifica spiaggia ed allora, come una volta Cesare – “Veni vidi emi” Fu questo per noi un gran bene - proprio la mano di Dio si manifestò in questo avvenimento; lo dimostrò l'estate ed anche il tempo che seguì, che il fatto di stabilirmi a Terioki sarebbe stato per noi, per la nostra vita religiosa ‑ una dis­grazia. “Ero così edificato della sua prudenza” ‑ mi disse il buon professore ‑ ed adesso lei compera senza riflettere una casa nel deserto, lontano dalla gente, ove non troverete nemmeno da mangiare, ‑ questa è una vera mancanza di buon senso ‑ ed umanamente parlando aveva ragione, perché non sapeva che alle anime consacrate al suo servizio. anche le più deboli, Iddio in certe circostanze dà un intuito speciale.

Così, passò il primo anno scolastico a Pietroburgo, un anno non facile, ma il Signore dalla piccola cappella accanto all'au­la destinata agli esercizi di ginnastica, (questa cappella era stata benedetta dall'amministratore P. Denisiewicy l’8 ottobre 1907) vegliava su di noi – “non temere, piccolo gregge, perché al Padre mio è piaciuto dì darvi il regno”. Pur se talvolta ab­biamo avuto molte difficoltà e preoccupazioni materiali,  il lavoro andava avanti. Le allieve cominciavano ad affezionarsi, le più piccole con maggiore facilità. L’anno scolastico si chiuse senza disavanzo. Per questo devo molto alla mia sorella ‑ M. Te­resa, la quale mi aiutò materialmente col denaro; e con le loro lettore sia M. Teresa sia Padre Wladimiro mi aiutavano spiritual­mente. Gliene anno tanto, tanto grata ‑ con il loro affetto han­no dato un po' di calore a quella fredda atmosfera di Pietroburgo.

Ancora devo menzionare qua un altro fatto che fu per noi particolare segno della Provvidenza divina e della bontà del S. Padre per noi, ‑ quasi quasi mi dimenticavo di parlarne. Dopo l'erezione del nostro convento, M. Teresa portò la foto­grafia del Papa a Sua Santità, chiedendo per noi la sua benedizione. Il Papa buono vi scrisse di proprio pugno: “ Alla diletta figlia, Madre Maria Orsola, Superiora e a tutte le ugualmente dilette Suore, Orsoline di Pietroburgo impartiamo... l’Aposto­lica Benedizione. Dal Vaticano li 14 dicembre 1907. Pius P.P. X.”

Adesso bisognava riuscire a portare questo segno di bene­volenza del S. Padre a Pietroburgo, e non fu questa un’impresa facile, perché poteva esporre al pericolo chi c’è l’aveva con sé attraversando la frontiera e compromettere anche noi, perché non era permesso alle Congregazioni religiose di risiedere in Russia. M.Teresa inviò questa fotografia a Cracovia, ove sog­giornava allora la Sign. Felicia Zaborska, la quale era venu­te per visitare Alina e doveva dopo breve tempo tornare in Li­tuania. Si offrì di portare il ritratto all'estero. Se lo nas­cose sotto il vestito. Alla frontiera le perquisirono il baule, fecero un segno sopra, che era stato già controllato e via senza difficoltà a Varsavia. Sentendosi ormai sicura, prese la fotografia e la mise nella valigia. A Varsavia, al momento di prendere la carrozza un poliziotto l'arrestò; essa domandò il perché, ma questi senza spiegazioni la condusse in questura per la perquisizione personale. Cercavano addosso, nella borsetta, e finalmente venne il turno della valigia... aveva il cuore in gola ‑ vi si trovava la fotografia che ci poteva portare tutte in Siberia. Sulla valigia cera il timbro della dogana ‑ non la aprirono. Avevano sbagliato, cercavano un'al­‑tra persona – la lasciarono libera e poté proseguire. Povera Sign. Felicia aveva conosciuto la paura; dopo qualche giorno ricevemmo la fotografia con la benedizione del Santo Padre. Prova della sua bontà ed anche della bontà del Padre celeste verso il suo piccolo gregge del nord.

Negli ultimi giorni di maggio, mi recai con alcune suore converse a Terioki per sistemare la nostra villa per l’estate. Subito, dal primo momento a Terioki ci hanno infastidito; fu questo come il preludio delle difficoltà e dei dispiaceri che ci avrebbero dovuto avvelenare le vacanze.

Subito dopo il nostro arrivo cadde moltissima neve, tirava il vento, la casa vuota, senza arredamento, non conoscevamo nessuno e non sapevamo da che parte girarci; la fredda pineta divenne paurosa. Ci siamo rimaste sole per poco tempo, solo per 36 ore, ma la prima impressione fu molto spiacevole. Arrivarono le altre suore con le ragazze che dovevano passare da noi le vacanze. Duri furono quei mesi ‑ difficoltà incessanti col sacerdote, il quale malgrado che ci incaricassimo di tutto il servizio della cappella e dei canti, ci recava molti dispiaceri. Si vede che non poteva comprendere la nostra vita re­ligiosa ‑ gli sembravamo imbevute di rigide formalità farisaiche, prive di contenuto, ci voleva riformare, io invece non cedevo per quanto riguardava i principi ‑ ne sorsero degli attriti molto spiacevoli, tanto più che si trattava anche del nostro confessore.

Ai momenti più sereni appartenevano i viaggi al nuovo ac­quistato podere in Finlandia che chiamai "Merentahti" cioè Stella del Mare. Ho scelto il luogo proprio vicino al mare per la villa che si doveva costruire ed i lavori dovevano iniziare al più presto possibile, perché l'anno prossimo avremmo dovuto passarvi le vacanze, al mare, in questo luogo pieno di luce e non più in quella scura pineta di Terioki – lì avremmo potuto avere la nostra cappella ed un cappellano ben disposto.

Un altro momento dei più sereni, fu l'arrivo di Alina e la sua accettazione al noviziato, (Il suo soggiorno a Cracovia, fu considerato come postulato). Celebrò la cerimonia il Canonico Ostrowski il 15 agosto, la mattina presto nella cappella di Terioki. Non abbiamo fatto entrare nessuno in cappella oltre le suore ‑ bisognava mantenere il segreto di fronte ai Russi. Dopo un breve periodo di distensione cominciò di nuovo la reazione. Alina ricevette il nome di Maria Kordula e doveva festeggiare l'onomastico il giorno della Madonna del Rosario.

La mia prima compagna accettata in questa terra ostile a noviziato nuovamente eretto, che consolazione per me! ‑ come ringraziavo e ringrazio ancora il Signore per la mia Alina così fedele e piena dì dedizione. Come sono meravigliose e miste­riose le vie della Provvidenza, le quali contrariamente ai suoi disegni primitivi ed anche contro i piani posteriori portarono Alina nella nostra Congregazione.

Alla fine di agosto con gioia. abbiamo lasciato Terioki per tornare a Pietrogrado ‑ molti momenti tristi e duri vi passai e ringraziavo la Provvidenza, che in tempo mi aveva trattenuto dall'acquisto della villa in questa località.

L'anno scolastico 1908/9 passò abbastanza tranquillamente. Ogni tanto andavo a Merentahti, per sorvegliare la costruzione della villa. Dovevo studiare molto il russo per poter dare l’e­same a febbraio. Lo superai felicemente e ricevetti il diploma di maestra il quale mi diede il diritto di insegnare la lingua francese nel ginnasio. In quell'anno abbiamo istituito nel pen­sionato la Congregazione delle Figlie di Maria ‑ se mi ricordo bene la loro prima accettazione solenne si tenne l'otto dicembre.

In primavera incominciai ad ammalami; avevo quasi scopro un po’ di febbre, che mi dava fastidio. Alla fine di maggio ini­ziò il trasloco per Merentahti. Sistemammo la casa in modo che i mobili potessero rimanervi anche durante l'inverno. Con la “lajwa” ‑ così si chiamano le barche a vela finlandesi ‑ inviammo a Merentahti diversi mobili che non servivano a Pietroburgo; un arredamento molto modesto ‑ appena una sedia per persona, ma siccome ci dovevamo soggiornare durante l'estate saremmo state più fuori all'aria che dentro.

In poco tempo la casa si riempì: suore, alunne, un po' di ospiti ‑ è tanto bello il nostro Merentahti. ‑ Dinanzi a noi il mare infinito con il suo gioco di colori ‑ a volte turchino, a volte roseo‑nero, bianco, oppure tranquillo simile ad una lastra di vetro, altre volte agitato e burrascoso. Dietro la casa un grande piazzale aperto circondato dalla pineta – una cappellina molto povera ma col SSmo Sacramento. Che differenza con Terioki – qui spazio, mare, luce e pace. Comprai ancora a destra e a sinistra del terreno precedentemente acquistato, un pezzo di pineta con la spiaggia. Così avevamo un grande pezzo di terra intorno alla casa. Stavamo proprio per conto nostro.

Erano delle vacanze serene, pur se segnate da un po’ di lacrime. Il 14 luglio morì la mia mamma carissima ‑ le volevo tanto bene, ma mi sembra che per un’anima religiosa la morte dei cari non è un avvenimento triste. Quest’anima così pia e santa andò a Dio ‑ ella mi è più vicina e le sono più vicina anch'io ‑ questa separazione pur se dolorosa è anche dolce e riempie il cuore di pace divina.

Il 31 maggio accettai al postulato delle suore di coro una giovane insegnante del ginnasio di S.Caterina, la Sign. Edvige Monkiewicz ‑ un'anima ardente ed amante, la mia prima figlia spirituale cresciuta nella terra russa.

Il bel tempo delle vacanze passò. Con rimpianto salutammo Merentahti ‑ rimase lì ancora per un po’ di tempo Sr. Antonina - la quale non fu una suora propriamente detta, ma si unì a noi ‑ una buona creatura ‑ ci aiutava in cucina e poi nel paese guardava un po’ la fattoria.

All’inizio dell’anno scolastico 19019/10 mi recai con Sr. Zaborska per affari a Merentahti. Vi trovammo Sr. Antonina alle­gra e contenta ‑ non aveva voglia di tornare a Pietroburgo, doveva rimanere un altro po’ fuori per sorvegliare la casa ed il custode Miku. La sera tornammo a Pietroburgo ed il giorno seguente a mezzogiorno ricevemmo la notizia che Sr. Antonina era morta improvvisamente. L'avevano trovata morta nel letto.

Dovevamo preparare tutto per il funerale. L'indomani andammo di nuovo a Merentahti con Sr. Zaborska. La sera doveva venire il sacerdote. Abbiamo trovato la nostra buona suora già nella bara. Ieri aveva conversato, con noi così allegramente. Ecco com’è la vita dell’uomo; non si conosce né il giorno né l’ora. Fu questa una giornata triste, pioveva a dirotto; nel pomeriggio i nostri buoni vicini finlandesi trasportarono la bara dalla casa di sopra alla cappella della casa Stella del Mare.

La sera venne il sacerdote; gli abbiamo fatto compagnia durante la cena, poi lo salutammo ed andammo alla “Stella del Mare”. Il vento fischiava, nella cappella c'era la cassa. La casa vuota, buia, ricevetti un’impressione di tristezza, che mi è rimasta impressa nella memoria.

Il giorno seguente un bel sole. Il sacerdote celebrò la Messa, poi Finlandesi portarono via la bara. Il ragazzo portava la croce, dietro a lui il sacerdote, la bara, noi ed il popolo; accanto il fedele Wahti, un grande cane; così portammo la nostra buona vecchia suora ad un cimitero provvisorio ‑ il posto più bello della pineta, sulla sabbia, con un panorama magnifico. Il sacerdote asperse la tomba. Riposa tranquillamente, Sorella nostra in quella terra finlandese e prega per noi.

La sera tornammo a Pietroburgo. La vita scorre tranquil­lamente, lezioni, lavoro con le alunne, adunanze del Sodali­zio (né avevo già tre, una per le nostre allieve, una per le signore della città ed una per le studentesse - dall'inizio dell'anno avevamo un piccolo pensionato) ‑ ci riempivano il tempo.

Abbiamo avuto molti dispiaceri da parte della colonia polacca – è incredibile quel che inventavano contro di noi. Porto un piccolo esempio: "Un giorno viene da me una certa dama della società molto dolce e gentile nei modi ‑ e ci asi­cura di essere piene di benevolenza versò di noi, però le dis­piace di sentir parlare della nostra "ristrettezza religiosa". “Di che si tratta? domando. Vede, Madre, ho sentito dire che le alunne portano in cappella certi cappucci con una specie di "paraocchi", affinché una non guardi l’altra - è una cosa tanto strana. "Questo è tutto?" domando. "Solo questo?” – “Venga con me in cappella e le farò vedere i cappucci. ‑Giu­dicherà lei stessa. Andiamo in cappella, tolgo dalla scatola quei veli di mussola, che le ragazze portano durante la Messa. ‑ stanno loro tanto bene e piace loro di indossarli – “Ecco questi cappucci”. “Come, ma sono dei veli tanto graziosi, come si può esagerare in questo modo” ‑ la signora è sdegnata ‑ ed io rido ‑ perchè sono già abituata a queste e ad altre peggio­ri favole; almeno dei cappucci non se ne parlerà più.


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